Esiste una differenza tra Green e Blue economy? Scopriamolo insieme

Dopo una richiesta esplicita di chiarimento sulla possibile differenza tra green e blue economy, da parte di una delle nostre lettrici, abbiamo pensato di spiegare questo concetto scrivendoci un bel articolo.

Partiamo con il dire che mentre la green economy ha sostanzialmente come scopo l’abbattimento delle emissioni di CO2, la cosiddetta economia blu punta all’azzeramento totale delle emissioni nocive tramite la creazione di maggiori flussi di reddito, positivi anche per il capitale sociale e ambientale.

Verde vs Blu

Economia Verde
Sta ad indicare una economia il cui impatto ambientale cerca di essere contenuto entro dei limiti accettabili. In essa tecnologia e conoscenza scientifica svolgono un ruolo di primaria importanza.

Economia blu
Si fa riferimento a un modello di sviluppo economico sostenibile, orientato a rivoluzionare l’attuale sistema produttivo azzerando le emissioni inquinanti e a valorizzare il ruolo strategico delle risorse idriche.

In sintesi: la green economy cerca di limitare le emissioni la blue vuole azzerarle.

Tra i concetti da citare per comprendere la differenza di approccio tra chi chiede alla imprese di investire per la riduzione (green) e chi chiede rivoluzionare i propri sistemi produttivi (blue) mi tocca parlarti della biomimesi.

Cos’è la biomimesi?

Si occupa di studiare, e possibilmente imitare, i processi biologici e biomeccanici della flora e della fauna terrestre. In buona sostanza, gli scienziati studiano attentamente la natura per cercare soluzioni da poter applicare alle attività umane.

In natura, infatti, esistono molte “innovazioni” che con una osservazione accurata e curiosa riusciremmo a fare nostre e a replicare per risolvere i nostri problemi.

Limiti della crescita verde

Con la pubblicazione del rapporto “Decoupling debunked” lo European Environmental Bureau (EEB) ha messo in evidenza alcuni limiti che caratterizzano la “crescita verde” fin dalla sua comparsa (primi anni 2000).

1. Aumento della spesa energetica. L’estrazione risorse di solito diventa più costosa man mano che le scorte si esauriscono: quando le opzioni più economiche non bastano più, si passa a sistemi caratterizzati da una maggiore intensità energetica, con conseguente aumento della pressione sull’ambiente.
2. Effetti rimbalzo. I miglioramenti nell’efficienza sono spesso compensati, del tutto o in parte, da un utilizzo dei risparmi per aumentare i consumi nello stesso settore o in altri. (Es. un’auto a basso consumo è probabile che venga utilizzata più spesso).
3. Spostamento dei problemi. Le soluzioni tecnologiche a un problema ambientale possono crearne di nuovi o esacerbarne altri. (Es. la produzione di energia elettrica per la mobilità privata causa pressioni sulle riserve di litio, rame e cobalto).
4. Impatto sottovalutato dei servizi. L’economia dei servizi può esistere solo se basata sull’economia materiale. I servizi hanno un’impronta significativa che spesso si aggiunge a quella dei beni invece di sostituirla.
5. Potenziale limitato del riciclo. I tassi di riciclo sono attualmente bassi e crescono lentamente. Un loro aumento richiederà una quantità significativa di energia e materie prime.
6. Cambiamenti tecnologici insufficienti e inappropriati. Il progresso tecnologico non è abbastanza dirompente perché non riesce a sostituire altre tecnologie indesiderabili e non è abbastanza veloce da consentire un disaccoppiamento sufficiente.
7. Trasferimento dei costi. In alcuni casi il disaccoppiamento calcolato su base locale non è altro che l’effetto di un’esternalizzazione dell’impatto ambientale in altri paesi, favorita dalle regole del commercio internazionale.

Siamo quindi ben lontani dai numeri auspicati per un reale disaccoppiamento della crescita economica dalle pressioni ambientali.

I principi blu

Prima che me ne dimentichi è importante che condivida con te il nome del padre della teoria Gunter Pauli che nel 2010 pubblica: “The Blue Economy: 10 years, 100 Innovations. 100 Million Jobs” un testo-guida in cui si alternano teoria e pratica, molti sono gli esempi e gli spunti per nuovi possibili lavori.

Pauli pone al centro della sua proposta lo sviluppo sostenibile in grado di creare una crescita nel pieno rispetto dell’ambiente e dei i suoi limiti.

I dieci principi alla base del progetto sono:

  • Pensare alle risorse ittiche e marine sulla base dell’effettiva capacità produttiva del mare;
  • Protezione e preservazione dell’ambiente marino;
  • Internazionalizzazione, intesa non come conquista di nuovi mercati ma in termini di cooperazione fra i mercati;
  • Gestione attraverso l’approccio scientifico, privilegiando ricerca e formazione;
  • Disponibilità pubblica delle informazioni;
  • Procedimenti decisionali trasparenti ed aperti;
  • Approccio cautelativo;
  • Approccio sistemico;
  • Utilizzo sostenibile ed equo delle risorse;
  • Responsabilità degli stati quali controllori dell’ambiente marino globale e dei singoli individui.

Qualche esempio blu

Quello che più adoro è la coltivazione di funghi grazie al recupero dei fondi di caffè. Ma ancora, tra i suggerimenti di Pauli c’è il cellulare senza batteria che sfrutta il calore prodotto dal corpo e dalle vibrazioni della voce umana. E perché no, imitare i sistemi di raccolta dell’acqua di un coleottero per ridurre il riscaldamento globale o sostituire le lame in metallo dei rasoi usa e getta con dei fili di seta.

Insomma il mondo è un posto meraviglioso e solo cambiando il modo in cui lo guardiamo potremo scoprire quanto esso offre.

Se hai bisogno di chiarimenti scrivici e scriveremo un articolo per illuminare, con fonti rinnovabili, le tenebre che ricadono su alcuni argomenti.